Occupazione, per contrattarti ti possono fare la ‘prova della birra’ di Steve Jobs | Se la superi sei dei loro
L’eco del genio di Steve Jobs risuona anche nel mondo imprenditoriale: ecco come il CEO di apple sceglieva i suoi collaboratori.
Negli affari, ogni decisione può avere un impatto significativo sul successo dell’azienda, ma poche sono tanto cruciali quanto la selezione dei dipendenti giusti.
Uno studio della Società di Gestione delle Risorse Umane (SHRM) ha rivelato che il valore di un dipendente può equivalere a sei o nove mesi del suo stipendio.
In altre parole, una cattiva assunzione può costare una fortuna, un fatto che Steve Jobs, il visionario fondatore di Apple, comprendeva perfettamente.
Il compianto CEO, scomparso nel 2011, adoperava un metodo particolare per assicurarsi i migliori collaboratori: ecco di cosa si tratta.
Il ragionamento di Steve Jobs: genio e voglia di giocare in squadra
Secondo Jobs, la chiave per costruire un team di successo era reclutare i “giocatori A” – i migliori e i più proattivi. Credeva che questi individui eccellenti volessero lavorare con altri di pari livello, e questa sinergia avrebbe portato a risultati straordinari. “Quando metti insieme abbastanza giocatori A, realmente amano lavorare gli uni con gli altri. Perché non hanno mai avuto l’opportunità di farlo prima“, spiegava Jobs.
Tuttavia, il genio di Apple capiva che non era sufficiente avere talento individuale: era essenziale che i membri del team si integrassero nella cultura aziendale. “Quando decido se assumere qualcuno, mi chiedo sempre se berrei una birra con questa persona e se mi piace la sua compagnia“, affermava Jobs. Questo approccio dimostra che, anche se le abilità tecniche sono importanti, l’adattabilità e la personalità sono altrettanto cruciali per il successo nel contesto aziendale.
Una chiacchierata e la capacità di ascoltare i dipendenti
Jobs riconosceva che, nonostante i test e le verifiche pre-assunzione, le interviste potevano dare un’immagine distorta dei candidati. Per superare questo ostacolo, preferiva far uscire le persone dall’ambiente formale dell’intervista. Organizzava cene o passeggiate, ponendo domande non convenzionali per conoscere meglio la persona al di là delle risposte preparate. Questa pratica permetteva a Jobs di valutare la vera personalità e la capacità di adattamento dei candidati.
Oltre alla sfida di reclutare dipendenti adatti, Jobs affrontava anche il problema della fuga di talenti. Molti professionisti lasciano le aziende non solo per ragioni economiche, ma anche per mancanza di motivazione, desiderio di intraprendere nuove sfide o la necessità di un ambiente più stimolante. Per affrontare questa problematica, Jobs offriva un consiglio prezioso ai dirigenti: “Non ha senso assumere persone intelligenti e dire loro cosa devono fare. Assumiamo persone intelligenti perché ci dicano cosa dobbiamo fare“. Questo approccio riflette la filosofia di Jobs secondo cui i dipendenti motivati e creativi contribuiscono al successo dell’azienda attraverso idee innovative e leadership proattiva.