Pensioni, alle donne un reddito da fame | Il divario con gli uomini è abnorme, nessuno potrà campare con queste cifre ridicole
Disuguaglianze di genere in pensione: la lotta infinita contro la disparità continua con una manovra finanziaria, ma le speranze sono poche.
Un ossimoro vivente: nonostante le donne costituiscano, in Italia, la maggioranza dei pensionati, il loro reddito pensionistico medio è inferiore del 27% rispetto a quello degli uomini.
I dati INPS utilizzati per questa stima, relativi all’anno 2022, rivelano una verità sconcertante e difficilmente risolvibile, evidenziando una diseguaglianza di genere anche nel sistema pensionistico.
La maggioranza schiacciante delle donne tra i pensionati, pari al 52%, non si riflette nei loro redditi, poiché esse percepiscono solo il 44% del totale dei redditi da pensione.
Nel 2022, il reddito medio da pensione per le donne è stato di 16.991 euro, mentre gli uomini hanno percepito in media 23.167 euro. E la situazione sembra sul punto di peggiorare ancora.
Il calvario del lavoro femminile in Italia
Il 2022 ha visto un aumento complessivo della spesa per le pensioni, raggiungendo i 322.233 miliardi di euro, con un incremento del 2,9%. Nonostante questa crescita, le donne continuano a trovarsi in una posizione di svantaggio in termini di reddito pensionistico: alla fine del 2022, il sistema previdenziale italiano ha registrato un totale di 22.772.004 prestazioni, con un importo medio per prestazione di 14.150 euro. Tuttavia, le donne vedono un divario persistente nel loro reddito pensionistico, una questione che necessita di una soluzione urgente.
La situazione potrebbe peggiorare con la recente Manovra Finanziaria 2023, che prevede importanti modifiche ai requisiti pensionistici. La bozza definitiva del testo, composta da 91 articoli, pone alcune categorie, in particolare le donne, di fronte a nuovi sacrifici. Le modifiche riguardano principalmente l’età e il periodo contributivo richiesto per ottenere la pensione di vecchiaia: attualmente, per ottenere la pensione di vecchiaia, sono necessari 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi, indipendentemente dal genere; le nuove modifiche stanno portando a un aumento dell’importo minimo necessario per accedere alla pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia: un vero e proprio disastro.
Ulteriori penalizzazioni per la pensione anticipata
Per coloro che hanno iniziato a versare contributi dal 1996, l’importo minimo necessario per la pensione anticipata sta passando da 2,8 a 3,3 volte l’assegno sociale. Dal 2025, potrebbero essere richiesti oltre 42 anni e 10 mesi di contributi per l’accesso alla pensione anticipata, indipendentemente dall’età (41 e 10 mesi per le donne). La Quota 103 sarà sostituita da Quota 104 dal 2024, con penalità per chi sceglie la pensione anticipata. Questo sistema potrebbe penalizzare particolarmente le lavoratrici con carriere frammentate.
Anche l’Opzione Donna subirà modifiche, con un requisito anagrafico più alto. Per coloro che desiderano andare in pensione entro il 31 dicembre 2023, sarà richiesta un’anzianità contributiva di almeno 35 anni, unita a un’età anagrafica di almeno 61 anni. Tuttavia, sono previste riduzioni per le madri, con un limite anagrafico ridotto di 1 anno per ogni figlio, fino a un massimo di 2 anni. In una società che pone le donne in continue situazioni di svantaggio, neppure l’agognato riposo della pensione sembra una prospettiva vicina.