Serena Bortone, cuore in gola durante la diretta: “Punita con il carcere” | Pubblico rabbrividito
La terribile storia raccontata in diretta. I commenti sono spiazzanti: tocca tutti da vicino, nessuno escluso. Una realtà invivibile.
Una nuova storia tragica si è abbattuta sulla conduttrice Serena Bortone. La presentatrice di Oggi è un altro giorno, il talk show in onda su Rai 1 (almeno fino al 30 Giugno 2023; si trasferirà a breve su Rai 3) esasperata dall’esperienza vissuta in studio.
Oggi è un altro giorno è il salotto di Serena, dove discute di temi attuali con un numero fisso di ospiti ricorrenti e non, persone reali, con storie altrettanto reali.
Serena, che è in Rai fin dagli esordi nel 1993, nonostante la lunga esperienza televisiva e lavorativa non è stata in grado di trattenere l’emozione per quanto accaduto.
Nella puntata andata in onda il 29 Giugno, infatti, la conduttrice si è trovata faccia a faccia con una storia che, seppur distante da lei, l’ha toccata sinceramente.
La fuga: in questo paese non si può vivere
Nel suo salotto, Serena ha invitato e chiacchierato con il giovane Yannick Nkemto Nkenga. Il ragazzo camerunense, che oggi lavora in una gelateria, le ha parlato del modo tragico con cui ha dovuto vivere la propria omosessualità nel paese d’origine; in Camerun, infatti, ogni attività o sospetto legato all’omosessualità è punita con 5 anni di carcere.
Yannick ha compreso di essere attratto esclusivamente dagli uomini quando aveva quattordici anni. A quel tempo se n’era già andato di casa, per non gravare sui problemi economici della madre rimasta vedova, che per anni lo ha creduto morto. Deciso a vivere in segreto, è stato tuttavia “tradito” dagli schiamazzi di un ragazzo conosciuto su Facebook, che aveva deciso di ospitare, contrariato dal suo comportamento nei suoi confronti.
“Preferisco morire…”, l’odissea di Yannick
“Se ne accorse il vicino di casa“, ha raccontato il ragazzo, sotto lo sguardo commosso di Serena Bortone e degli opinionisti del programma. “Fece venire tutto il villaggio per picchiarmi con mazze e bastoni, dalle 11 di sera alle 3 di notte. Mi stavano per consegnare alla polizia, ma un mio amico per strada corruppe la persona che doveva portarmi lì. Così ho capito che non potevo restare.”
Una tragedia infinita, che lo porterà in Libia in compagnia di un amico anch’egli profugo, proveniente dalla Nigeria e giustiziato appena arrivati in Libia. È stata quella l’esperienza necessaria a Yannick per capire che non sarebbe potuto rimanere neanche nel continente: “Piuttosto che restare in Libia, preferisco morire mangiato dai pesci“. Oggi, fortunatamente, Yannick sta bene: vive e lavora in Italia, ed è anche riuscito a rintracciare la mamma.